L’anticipo del Conclave e la «sacralità» delle norme

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Molti cardinali vorrebbero iniziare l'elezione prima del 15 marzo. Ma a decidere potrebbe essere Benedetto XVI prima della sede vacante

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

 
L'agenzia francese IMedia due giorni fa ha parlato della possibilità che la data d'inizio del conclave venga anticipata rispetto a quanto stabilito dalla costituzione apostolica «Universi Dominici gregis» del 1996. In quel documento Giovanni Paolo II ha scritto: «Stabilisco inoltre che, dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, i Cardinali elettori presenti debbano attendere per quindici giorni interi gli assenti; lascio peraltro al Collegio dei Cardinali la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l'inizio dell'elezione per alcuni altri giorni.

Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall'inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all'elezione». Dunque il conclave non può iniziare se non quindici giorni dopo la sede vacante (il Papa non scrisse «dopo la morte del Pontefice», ovviamente prevedendo la possibilità che la sede diventasse vacante anche per altri motivi, come la rinuncia).

Diversi cardinali, dato che Benedetto XVI non si è dimesso ma ha preannunciato che lo farà alle ore 20 del 28 febbraio e dunque ci sono ancora diversi giorni prima che la sede diventi vacante, hanno suggerito di anticipare il conclave. Iniziando prima le votazioni, ci sarebbe più tempo per permettere al nuovo Pontefice di installarsi e quindi presiedere i riti della Settimana Santa.

Inoltre, fino ad oggi, la prima settimana di sede vacante era impegnata con i riti delle esequie («nove giorni consecutivi» di messe in suffragio), mentre la tumulazione doveva avvenire «salvo ragioni speciali, fra il quarto e il sesto giorno dopo la morte». Nel conclave del 2013 non c'è un Pontefice da seppellire e dunque c'è più tempo per le discussioni tra i cardinali.

Nel corso del briefing con i giornalisti di sabato 16 febbraio, padre Federico Lombardi non ha smentito che si stia parlando della possibilità di anticipare il conclave, ha parlato della possibilità che il camerlengo di Santa Romana Chiesa, il cardinale Tarcisio Bertone, coadiuvato dalla Camera apostolica, possa prefigurare una proposta sulla quale i cardinali decideranno. Per giustificare l'intervento dei cardinali, si cita quest'altro passo del documento papale: «Qualora sorgessero dubbi circa le prescrizioni contenute in questa Costituzione, o circa il modo di attuarle, dispongo formalmente che ogni potere di emettere un giudizio al riguardo spetti al Collegio dei Cardinali, cui pertanto attribuisco la facoltà di interpretarne i punti dubbi o controversi, stabilendo che quando occorra deliberare su queste ed altre simili questioni, eccetto l'atto dell'elezione, sia sufficiente che la maggioranza dei Cardinali congregati convenga sulla stessa opinione». Ma sulla norma dei quindici giorni quali sarebbero i possibili dubbi?

Se la necessità di anticipare il conclave è sentita e diffusa, l'ostacolo potrebbe essere aggirato con un intervento papale prima del 28 febbraio. Un semplice motu proprio, di poche righe, con il quale Benedetto XVI deroghi per questa volta alla regola dei quindici giorni, a motivo dell'eccezionalità delle circostanze. Benedetto XVI peraltro è già intervenuto modificando la Costituzione del conclave, abrogando quella norma che permetteva, in caso di stallo prolungato, l'elezione del Pontefice a maggioranza del cinquanta per cento più un voto, invece che con i tradizionali due terzi.

In questi giorni, prprio nella settimana della rinuncia, il Papa e i suoi collaboratori si sono occupati non soltanto di nominare il nuovo presidente dello IOR, ma anche di rinnovare il consiglio cardinalizio di sovrintendenza alla banca vaticana. Due decisioni più che legittime, ma che hanno altrettanto legittimamente sollevato dubbi sulla loro opportunità dal punto di vista temporale. Sarebbe del tutto naturale, invece, una deroga papale alle norme del conclave per anticiparne l'inizio nel caso i cardinali siano d'accordo.

È invece ancora tutta aperta, vista l'eccezionalità della decisione di Benedetto XVI, la questione riguardante il Papa «emerito». In ogni caso appare come minimo prematuro dire – come è avvenuto – che cosa faranno i suoi più stretti collaboratori e quali incarichi avranno. Dal 28 febbraio Ratzinger non sarà più Papa. Dopo il conclave, ci sarà il successore. Sarà lui a decidere tutto: quali incarichi saranno confermati o conservati, quali abbandonati. La devozione e il rispetto per il «vescovo emerito di Roma», per la sua grande statura intellettuale, per la sua profonda paternità spirituale rimarranno intatti: è prevedibile che il primo gesto del nuovo Papa sia quello di visitare il predecessore a Castel Gandolfo.

Ma nessuno può ipotecare le decisioni future del nuovo successore di Pietro. Ne era così cosciente l'ultimo Pontefice ad essere proclamato santo dalla Chiesa, Pio X, un Papa certamente decisionista e riformatore. Il quale, nel testamento, chiese per favore alla Santa Sede di garantire una piccola pensione alle sorelle. Si era umiliato, pur scrivendo quelle righe nel pieno dei suoi poteri e pur avendo, da Papa, la facoltà di decidere quel piccolo vitalizio per le anziane sorelle, perché non voleva – anche in una cosa così piccola – ipotecare le decisioni di chi avrebbe preso il suo posto.

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